venerdì 30 marzo 2018

Storie di auto: la Fiat 850 Coupé


Qualche giorno fa abbiamo ricevuto una bellissima mail: la storia di un'auto che da anni ci tiene compagnia al Museo Nostalgia Club, raccontata direttamente da un suo precedente proprietario! Eccola:


Della “mia” Fiat 850 Coupé, venduta nel gennaio 2000, qualche anno dopo venni a sapere dall’allora acquirente (con il quale sono attualmente in contatto), che a sua volta l’aveva veduta ad un non meglio precisato museo della provincia di Brescia; si ripromise di darmi altre informazioni ma poi la cosa non ebbe seguito.

Mi chiamo Andrea Zanovello, sono nato a Venezia 55 anni fa e sin da piccolo ho avuto la passione per le auto nonostante vivessi tra le barche e in casa l’unico “mezzo” di trasporto fosse la gondola di mio padre. Non senza fatica, a 19 anni ho conseguito la patente di guida ed iniziato a scorazzare con una scassatissima Fiat 500 F, regalatami da una zia. Il sogno però era quello di riuscire un giorno a correre un rally; venne esaudito nell’ottobre del 1985, quando debuttai in quel magico mondo finendo in un fosso con una Fiat 127 che avevo affittato. La “carriera” continuò, tra pause e riprese, fino al 1995: anno in cui dalle auto moderne passai alle storiche.

Tra le tante, ragionate, pazzie della mia vita ci fu proprio in quell’anno l’acquisto della mia prima storica: una Fiat 850 Coupé del 1967, una delle ultime costruite prima dell’evoluzione alla Sport Coupé col motore 903 cc. La targa attuale, Vicenza, è di seconda immatricolazione, a seguito cambio provincia: la prima, infatti, era Torino, in quanto vettura acquistata all’origine da un dipendente Fiat, che la vendette dopo breve tempo ad un acquirente del Veneto.

Adulato dall’ex proprietario, che pareva mi stesse cedendo una delle cose più preziose mai possedute, tornai a casa felice e contento… ma non troppo, viste le grattate del cambio che proprio perfetto non era. Avevo conosciuto il proprietario l’anno prima ad un raduno di Fiat 500 e tra una chiacchiera e l’altra mi aveva detto che era in possesso anche di quella vettura e che la voleva appunto vendere. La pagai un milione e seicentomila lire, compresi quattro cerchi Cromodora e due fari supplementari Carello Sirio.


Già nel tratto di autostrada verso casa mi dovetti fermare a causa dell’ebollizione di quello che doveva esser il liquido refrigerante, ma che aveva più l’aspetto di minestrone. Arrivato all’officina di un conoscente di Padova la lasciai lì per un primo tagliando. Tra una riparazione ed un’applicazione di stucco, la mettevo in moto periodicamente per farci il classico giretto di breve raggio, ma anche mi avventurai, nell’ottobre di quell’anno, fino a Piacenza, dove incontrai altri appassionati giunti da mezza Italia per iniziare ad animare il nascente Registro Fiat 850 Coupé, fondato da un appassionato torinese. La utilizzavo però di rado visto che, subito dopo, presi un’Autobianchi A112 Abarth 58hp che letteralmente mi fece innamorare e con la quale iniziai a frequentare il mondo della regolarità, togliendomi anche qualche soddisfazione; alla lunga però mi mancava sempre più l’emozione che ti danno le gare di velocità e, da una frase del mio navigatore, si aprì un nuovo mondo per la 850: “Smettiamola con la regolarità e andiamo a far rally con la 850”.


Detto, fatto. In pochi mesi venne allestita secondo i regolamenti, vennero cambiati i fondi, sistemate alcune generose fioriture di ruggine, riverniciata “alla buona” e ad inizio stagione 1999 diventò una “macchina da corsa”. O meglio: ero io a vederla così, dato che il motore non venne nemmeno toccato e l’unica modifica, oltre a quattro buoni ammortizzatori, fu la sostituzione del cambio con quello del pulmino 900T che aveva la coppia conica più corta. Reperii il cambio presso l’officina di un amico di un mio zio, il quale seguì la trattativa riuscendo a combinare il tutto con sei bottiglie di vino. Il cambio venne quindi montato (ovviamente senza alcuna revisione) a scatola chiusa e devo dire che fui fortunato visto che funzionava bene.

Il 25 aprile dello stesso anno avvenne il debutto in una specie di formula rally che in quel periodo era molto in voga nella mia zona. L’esito fu positivo e una ventina di giorni più tardi ci fu l’esordio in un rally storico: il Rally delle Prealpi Orobiche. Emozionati, naviga al debutto e io che nonostante le precedenti esperienze affrontavo un rally con la “mia” macchina, prendemmo una “suonata” da un avversario che correva con una vettura simile, ma il riscatto avvenne il mese dopo al Trofeo Bettega di Verona, dove in una prova riuscimmo ad esser più veloci di lui, anche se di un solo secondo, che per me valeva come una vittoria. A fine stagione furono quattro i rally corsi, altrettanti formula rally e mi cimentai anche in una cronoscalata, quella dell’Alpe del Nevegal a Belluno.


Nonostante le positive esperienze e l’assenza di problemi decisi però di vendere l’auto, per passare ad una Fiat 128 Rally, e non fu difficile trovare l’acquirente: un appassionato di Castelfranco Veneto che la tenne per alcuni anni, utilizzandola pochissimo.

Mi considero un vero appassionato di auto storiche, anche se nel mio garage ne sono passate poche e tutte di modesta entità, e a conferma di quanto racconto, mi piace comunque sapere che quelle che non ho più siano ancora “vive” e in buone mani; spesso mi riprometto di andare a trovare gli attuali proprietari per rivederle.

Fu il web a farmi notare qualcosa di familiare quando riconobbi la “mia” 850 tra altre vetture del Museo Nostalgia Club e grazie anche ai social network ho avuto modo di prender contatto e ritrovarmi a raccontare questa breve storia della mia prima, mai dimenticata, auto storica che mi fece provare una nuova emozione rivedendola in buona compagnia al Nostalgia Club: ora devo attuare uno di quei buoni propositi ed un giorno non remoto, metterne in moto una delle attuali e puntare in direzione Breno, per andare a rivederla dopo quasi vent’anni!


Andrea Zanovello

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